Perchè nelle tue storie ci sono spesso dei morti?
Questa è una domanda che negli ultimi tempi mi è stata posta sempre più spesso. In alcuni casi, per non perdere tempo, la mia risposta è stata un breve: "perchè a volte è la parte più interessante di un'intera vita". È ovvio però che i motivi siano anche altri.
In primo luogo non ho paura di parlare di morte, non perchè non ne abbia timore, ma perchè è un passaggio obbligato nella vita di ognuno di noi, che si voglia o meno. Non ci vedo alcun tabù e non deve esserlo.
Per uno scrittore che vuole tendere all'horror diventa indispensabile riuscire ad avvicinarsi a questo argomento senza alcun preconcetto. Nonostante sia credente, preferisco non inserire mai elementi religiosi nelle mie opere. Non perchè abbia timore a negare quello in cui credo, ma perchè ciò che scrivo è solo frutto della mia immaginazione, e di come la mia mente elabora il mondo, e in questo periodo di religiosità ne vedo molto poca intorno a me. Ciò non significa che non potrò farlo in futuro, quando magari potrò toccare un argomento altrettanto delicato con maggiore saggezza.
Sì, alcune volte è complicato pensare che scrivo ciò che non ho vissuto sulla mia pelle. Non si scrivono solo biografie. Parlo di queste cose senza aver mai ucciso nessuno, nè avendo assistito ad un omicidio (per mia fortuna). A me non sembra una cosa strana, ma qualcuno rimane sorpreso. Tante volte mi è stato chiesto da gente che mi conosce: ma davvero ti è accaduta questa cosa che hai scritto? La risposta ovviamente è "no", non mi è successo, e non riesco a non sorridere ogni volta che mi accade, pensando che perlomeno quando scrivo sono credibile.
Ovviamente non tutto ciò che si scrive è inventato. Ci sono racconti che toccano eventi accaduti realmente, a me o a chi mi è vicino, ma mai li affronto in modo diretto. Ci possono essere rimandi più o meno espliciti, eppure mai si potrà dire che nel racconto c'è scritto proprio quell'evento. Per chi ha letto "Mai al sicuro", c'è un racconto dove narro della morte di due persone care al protagonista: il fratello e il nonno. In quel racconto forse qualcosa di Andrea c'è, del suo vissuto. Ripeto però che non è nulla di collegabile direttamente. Le sensazioni però di un bambino che perde il nonno, quello è reale. O perlomeno, è ciò che dopo anni dall'infausto evento mi è rimasto, nella mente e nel cuore. Il tempo a volte cambia ciò che è accaduto davvero, così si dice almeno.
Chi l'ha detto poi che le poesie debbano essere per forza romantiche? La poesia, più ancora della prosa, deve essere in grado di suscitare emozioni, qualunque esse siano. È vero che generalmente
in un romanzo ci si aspetta una trama che abbia qualcosa di romantico, anche se solo di contorno, però è anche vero che quando si parla di azione, la morte è sempre lì, presente.
Non amando ciò che è scontato, ritengo che il lieto fine troppo spesso risulta esserlo, mentre un finale amaro, o agrodolce, è più sorprendente. Non dico più bello, ma è in grado di lasciare il
lettore per un istante interdetto. Lo spinge a porsi delle domande, e forse a fare ipotesi su ciò che non si è detto, o su ciò che sarebbe potuto essere. Se il lieto fine stacca il lettore dalla
scena, credo che un finale diverso sia invece capace di rapire, perchè dopo di quello non ci potrà essere un continuo, o almeno non con gli stessi protagonisti. Dietro un "e vissero per sempre
felici e contenti" io ci vedo il nulla. Come se la vita dei protagonisti diventi così piatta e insignificante che è inutile narrarla. È una visione negativa forse, ma per me ad oggi è così,
magari un giorno cambierò idea a riguardo (ma ne dubito).
Coerentemente con ciò che ho scritto, direi che sia il caso di lasciarvi con un piccolo spoiler su quello che mi auguro possa essere il mio primo romanzo. I protagonisti saranno sei, eppure non tutti arriveranno vivi alla fine del libro, eppure anche nel finale amaro di alcuni di questi, c'è qualcosa di dolce. Come c'è l'amara perdita di qualcuno caro per coloro che resteranno in vita. Ecco, questo per me è un finale "vero". Puoi riuscire a guardare il bicchiere mezzo pieno, ma mai la vita te lo riempie fino all'orlo.
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